Consulenza Aziendale: Chi è e cosa fa il consulente aziendale?

Consulenza Aziendale: Chi è e cosa fa il consulente aziendale?

Il consulente aziendale o semplicemente consulente è un professionista che fornisce dei servizi o dei consigli ad aziende, persone o enti in particolari settori come possono essere il management, il marketing, la finanza, le relazioni pubbliche e l’ingegneria, in cambio di un corrispettivo.
Il consulente aziendale è di norma un esperto o professionista di uno specifico campo con una vasta conoscenza della materia trattata.

Il ruolo del consulente aziendale al di fuori della sfera medica (dove viene utilizzato per indicare una specifica tipologia di esperto) può rientrare all’interno di tre diverse categorie:

  • il consulente interno: che opera come dipendente all’interno di un’organizzazione e che svolge il suo lavoro in maniera indipendente o assieme ad un team, con competenze comunque ben delineate;
  • il consulente esterno: che è impiegato esternamente (solitamente da società specializzate nella consulenza) il cui impiego è temporaneo fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Questo tipo di consulenza ha una vasta gamma di clienti che operano in diversi settori.
  • Una terza possibilità è che il consulente ricopra per un periodo circoscritto un ruolo da Manager/Executive ad interim ancora vacante; in questi casi il lavoro che andrà a svolgere sarà quello di traghettare la società fino a quando gli addetti all’assunzione del personale non identificheranno il profilo adatto a ricoprire tale ruolo.

L’impatto maggiore che può avere un consulente è quello di fornire delle competenze molto più specifiche rispetto a quanto possano averne i suoi clienti in una determinata materia.
Come detto quindi i consulenti sono pagati per condividere la loro esperienza e conoscenza per aiutare i committenti a risolvere problemi e a raggiungere determinati obiettivi.
Coloro che quindi decidono di affidarsi a questa figura professionale lo fanno soprattutto per colmare un vuoto all’interno del proprio staff e al tempo stesso per risparmiare sull’assunzione di una persona impiegata full-time.

Consulenza Aziendale - Chi è e cosa fa il consulente aziendale

Essendo la maggior parte delle volte una persona che opera al di fuori della società o dell’organizzazione si può dire che ha un punto di vista privilegiato sulla situazione che deve analizzare; questo perché un consulente esterno non ha una particolare cultura aziendale da seguire, non ha preconcetti o una storia legata a quell’ambiente che può influire sulla sua capacità di giudizio.
Nonostante non vengano richieste delle lauree specifiche per diventare consulenti, è invero il fatto che viene richiesta una vastissima conoscenza ed esperienza nel settore in cui si dice di operare.
È sicuramente un fattore determinante la possibilità di poter esibire ai propri clienti, qualora lo richiedano, un portfolio di collaborazioni di un certo spessore.
Riorganizzare o implementare un particolare componente del business di una società è quindi una delle soluzioni maggiormente richieste. I consulenti dovranno spesso insegnare agli impiegati di un’azienda come destreggiarsi con qualche nuovo programma software o con diverse skills per provare ad aumentare la produttività e generare il maggior guadagno possibile.

È ovviamente richiesta una tempestiva capacità nel fornire consigli coerenti, nel fare le giuste raccomandazioni e soprattutto essere abili nel problem-solving.
I consulenti dovranno spesso destreggiarsi in situazioni al limite della praticabilità, intervenendo in ambienti sull’orlo del fallimento o della frattura; imprescindibili quindi una buona dose di sangue freddo, autocontrollo e resistenza allo stress.

Il lavoro di un consulente non può dirsi concluso fino a quando non siano state soddisfatte tutte le richieste del cliente concordate preventivamente; stabilire quindi quali siano gli obbiettivi da raggiungere non è solo indicato, ma anzi doveroso, per non correre il rischio di incappare successivamente in malintesi e incomprensioni, con il rischio poi di andare a ledere l’immagine stessa del consulente.

Ma chi sono veramente i clienti con cui ha a che fare un consulente?

Il teorico Schein prova a suddividerli in quattro categorie:
– i clienti iniziali: coloro che si mettono in contatto per primi con il consulente stabilendo l’approccio iniziale;
– i clienti intermedi: le persone che presenziano alle prime riunioni oppure alla pianificazione dei successivi interventi;
– i clienti primari: coloro i quali hanno il problema reale da risolvere e che quindi chiedono il supporto di un consulente (di solito sono anche coloro che versano il compenso pattuito);
– i clienti finali: i membri dell’organizzazione che pur non direttamente coinvolti nel lavoro del consulente, possono comunque riscontrarne gli effetti, e perciò devono essere presi in considerazione nel predisporre i vari interventi.
In una revisione più recente egli decide di aggiornare questa lista aggiungendo ulteriori due tipologie di clienti:
– i clienti involontari: componenti dell’organizzazione che pur non accorgendosene possono subire gli effetti degli interventi di consulenza in atto;
– i clienti non interessati: persone che non rientrano in nessuna delle categorie precedenti, ma che convinti di poter essere coinvolti decidono consapevolmente di sabotare le azioni intraprese dalla società e dal consulente.

Come si può facilmente dedurre il cliente iniziale ricopre un ruolo fondamentale; essendo la prima persona che si interfaccia con il consulente avrà anche la responsabilità di riuscire a convincere l’esperto ad accettare o meno il caso.

Il consulente da parte sua ha sempre un atteggiamento investigativo nei confronti del cliente iniziale.
Spesso questo primo contatto avviene telefonicamente ed il consulente cercherà di ottenere quante più informazioni possibili al fine di capire quanto possa essere utile un suo intervento e quanto il suo contributo possa realmente influire sulle sorti dell’organizzazione che chiede i suoi servizi.
Inizialmente vengono sempre proposte delle domande interlocutorie che avranno i seguenti scopi:
– ottenere informazioni che permettano al consulente di decidere se sia il caso o meno di andare avanti con il colloquio;
– essere utili al cliente iniziale ponendo domande che potrebbe non aver ancora considerato;
– creare fin dal principio un’impressione corretta del modo di procedere della consulenza.

Per quanto riguarda il cliente primario la questione si fa decisamente più annosa in quanto subentra un tema molto delicato da trattare ma soprattutto da concordare: il compenso.
Ho già affermato precedentemente come non sia richiesta una qualifica specifica ma è assodato come un consulente con innumerevoli titoli accademici quali master specialistici, PHD e lauree possa ambire ad avere un compenso largamente più alto rispetto ad altri colleghi meno titolati.
Infine, i compensi di un consulente possono variare molto in funzione del cliente che ha commissionato il progetto, delle ore di lavoro, degli spostamenti e della tipologia di intervento che si andrà ad utilizzare.

Di norma un professionista di questo settore percepisce un compenso giornaliero, ma nel caso di brevi consulenze di due/tre ore può anche essere stabilita una tariffa oraria.
Prestazioni che occupano un’intera giornata vengono fatturate con un onorario maggiore rispetto alla semplice partecipazione a riunioni; tutto ciò perché viene tenuto conto il lavoro a supporto e preparatorio che ruota attorno alle diverse tipologie di eventi.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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