Informatica e comunicazione digitale nella società attuale

Informatica e comunicazione digitale nella società attuale

L’informatica e il progressivo cambiamento

L’immagine pubblica del computer sta cambiando radicalmente in questi ultimi anni. Dall’inizio della sua storia negli anni ’40 fino a poco tempo fa, questa macchina era considerata  prevalentemente uno strumento per l’elaborazione di informazioni, e le sue caratteristiche principali erano le sua capacità a livello di calcolo (da cui computer o calcolatore), di gestione di archivi sistematici, di esecuzione di programmi scritti in appositi linguaggi specialistici. Il fatto che l’informatica abbracciasse queste aree di applicazione e non altre è rivelato fra l’altro dall’analisi dei termini più diffusi in questo campo.

Informatica‘ è un termine dell’italiano che non ha un preciso equivalente nella lingua inglese, da cui pure il grosso della cultura informatica proviene. O perlomeno non ha un equivalente quasi-omofono come gran parte dei termini che hanno a che fare con questa cultura. Lo stesso vale per la sua formulazione alternativa ufficiale, ‘scienze dell’informazione’, a cui è intitolato un corso di laurea delle nostre università. In inglese si parlerebbe di qualcosa come ‘computing’ e di corsi in ‘computer science’, con un accento sul calcolo piuttosto che sull’informazione immagazzinata.

Computer‘, per l’appunto, è un altro termine di cui può essere istruttivo confrontare le traduzioni. Negli anni ’40 si parlava di ‘computing machinery’, che suona all’incirca ‘marchingegno calcolante’. In italiano, oltre a ‘computer’, troviamo una traduzione letterale, ‘calcolatore’, e un altro termine, ‘elaboratore’, riferito all’elaborazione dei dati, che praticamente corrisponde all’inglese ‘(data) processor’.

Ordine, calcolo, gestione di dati sono altri termini che appartengono ad uno spettro semantico che si riferisce a un insieme di servizi che hanno dato all’informatica come settore industriale una ragione di esistere nei primi decenni della sua storia. Ancora fino alla metà degli anni Ottanta era naturale pensare l’informatica come un settore industriale ben delimitato che offriva certi servizi (calcolo e gestione di archivi di dati, per l’appunto) a fasce di utenza altrettanto delimitate. A usare il computer, per scopi professionali, ludici o di ricerca, erano gli addetti ai lavori.

Stando così le cose, il mondo informatico ordinario non poteva interessare direttamente le scienze umane, se non per la sua incidenza socioeconomica e per i risultati ottenuti in alcuni filoni di ricerca molto specifici, come per esempio l’intelligenza artificiale. Oggi però la situazione sta cambiando!

Informatica e comunicazione digitale nella società attuale

L’informatica e comunicazione digitale

Negli ultimi anni gli informatici prestano una crescente attenzione al rapporto, in precedenza dato per scontato, degli utenti con il computer, aprendo le possibilità di utilizzo dello strumento anche a utenti occasionali. Nella progettazione di sistemi software si mira a semplificare questo rapporto, e a ridurre drasticamente il grado di specializzazione necessario per usare con profitto il computer. L’accento si sposta da una considerazione della funzionalità del computer visto come sistema a sé stante a quella del sistema composto da persona e computer, che vengono quindi visti come parti di un unico sistema. I primi sforzi di progettazione in questo senso risalgono agli anni ’70, con le ricerche della Xerox e della Apple. Idealmente, in questa prospettiva, il computer stesso tende a scomparire, a diventare trasparente per l’utente, che dovrebbe poterlo maneggiare con disinvoltura per i suoi scopi senza essere disturbato e ostacolato da problemi tecnici.

Il computer viene così considerato sempre più come uno strumento di comunicazione. Da un lato esso viene utilizzato nella comunicazione fra persone; dall’altro, la stessa interazione quotidiana con il computer diventa sempre più assimilabile a un processo di comunicazione.

L’aspetto culturalmente cruciale del mezzo informatico è sempre meno la sua capacità di calcolo, e sempre più il suo carattere comunicativo. In questi anni stiamo assistendo sia alla comparsa di mezzi di comunicazione con caratteristiche nuove, come l’ipertesto o le messaggerie telematiche, sia a una forte tendenza verso l’integrazione di quelli che eravamo avvezzi a considerare come mezzi di comunicazione separati e indipendenti (televisione, stampa, servizi telefonici, e così via). Tutto questo sta già portando all’instaurazione di nuove pratiche comunicative su larga scala, e alla trasformazione di pratiche comunicative esistenti. Non è esagerato affermare che questi fenomeni hanno strettamente a che vedere con la tecnologia informatica, e che le scelte progettuali effettuate al livello dei sistemi informatici possono avere conseguenze di grande importanza sull’ambiente comunicativo in cui ci troveremo a vivere fra alcuni anni.

Assumere un approccio semiotico alla progettazione e all’uso delle tecnologie informatiche richiede un chiarimento preliminare a proposito dei diversi sensi in cui un sistema informatico può essere coinvolto in un processo di comunicazione (vedi Bassi e Maioli 1993). Ricorrono infatti nella letteratura almeno due sensi principali di comunicazione informatica, che vanno mantenuti accuratamente distinti.

In primo luogo, si può individuare piuttosto chiaramente una famiglia di applicazioni in cui l’informatica viene utilizzata specificamente come tecnologia della comunicazione, o medium, nel senso in cui consideriamo tecnologie della comunicazione il telefono, la stampa o la televisione. In questi casi possiamo dire in generale che il ruolo del sistema informatico è di fungere da supporto al processo comunicativo. Come in tutti i casi di comunicazione mediata da tecnologie, il supporto è tuttavia ben lungi dall’essere qualcosa di neutro: la presenza del mezzo informatico e le caratteristiche progettuali delle applicazioni disponibili comportano l’emergenza di pratiche comunicative con caratteristiche specifiche e in parte inedite.

In secondo luogo, l’utilizzo di qualunque applicazione informatica (come al limite di qualunque manufatto) comporta lo svolgersi di un’intensa attività semiosica, in cui l’utente è coinvolto direttamente. Possiamo dire che in questo senso il sistema informatico si pone come partecipante della comunicazione, di una comunicazione che si instaura fra il sistema stesso e la persona che ne fa uso. Questa comunicazione è mediata dalla cosiddetta ‘interfaccia utente’. Intorno a questa problematica è sorta di recente una disciplina specifica che si occupa di interazione persona-computer (Human-Computer Interaction, o HCI).

 

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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