Che cos’è, funzionamento e a cosa serve il digital contents management in informatica

Che cos’è, funzionamento e a cosa serve il digital contents management in informatica

Digital contents management

Dall’avvento dei personal computer e successivamente con quello di internet, l’informazione digitale ha acquisito sempre più rilvenza nella società, spostando i mezzi di informazione tradizionali come libri, giornali, opere d’arte e contenuti televisivi in una loro versione digitale che possa diffondersi al pubblico in modo veloce, semplice ed economico grazie ovviamente ad internet. Al giorno d’oggi il digitale è ormai diventanto lo standard per definizione per tutto ciò che riguarda la creazione, trasmissione e scambio di contenuti, chiamati di conseguenza digital content o digital media.

Con il termine Digital Content si intendono tutti quei contenuti in un formato digitale (machine-readable format) che, nella definizione estetica rappresentano ciò che l’autore vuole esprimere in una sua opera e che nella semplice definzione informatica rappresentano invece la quantità di informazione contenuta in una memoria. Facendo riferimento a questa definizione sono definiti come digital media o digital content contenuti informativi come: immagini digitali, immagini e video 3D, video digitali, video games, pagine web, siti web, social media, documenti elettronici, audio digitali, libri elettronici e, come precedentemente detto, tutte quelle “opere” che hanno un’informazione o “un’espressione estetica” diretta ad utenti finali e che possono essere codificate in un formato digitale. Come risulta evidente dalla definizione appena riportata di digital content il numero di tipologie di contenuti è molto ampio. Nonostante ciò, con l’avvento di nuove tecnologie e forme di informazione, il mercato dei digital media è aumentato notevolemente aggiungendo al contesto nuovi tipi di contenuti. Primi tra tutti vi sono i così detti user-genereted content che sono stati introdotti e diffusi su larga scala in concomitanza con l’espansione dei social media. É opportuno precisare che il concetto di contenuti generati da semplici utenti di internet non è un qualcosa di nuovo in quanto, dalla creazione del World Wide Web, numerosi sono stati i siti web creati da singole persone il cui scopo era quello di diffondere un particolare tipo di informazione. Ma, in realtà, è con la diffusione dei Social Network o più in generale dei Social Media che gli user genereted content acquisiscono rilevanza diventando una delle tipologie di contenuti digitali più diffusi al mondo. Se i Social Media hanno fornito un canale di distribuzione per i contenuti che raggiunge in modo diretto una base utenti molto elevata, allo stesso tempo, lo sviluppo della tecnologia, in particolare dei mezzi per creare i contentui, ha reso il processo di creazione molto più economico ed istantaneo dando così un’accellerata notevole alla crescita degli user-genereted content. Inoltre, il continuo miglioramento delle prestazioni della rete internet e l’introduzione della banda larga ha consentito la diffusione di contenuti generati dagli utenti in modalità streaming, rafforzando ancora di più il collegamento con gli utenti finali che ormai spostano il loro interesse verso questo tipo di media e piattaforme, allontanandosi dai canali di distribuzione tradizionali (TV, radio, etc.). A supporto di tutto questo vi sono ovviamente i numeri ottenuti dalle più grandi aziende di Social Media come Facebook, Twitter, Instagram, o di distribuzione di contenuti video come YouTube o Twitch. Osservando, infatti, i dati riportati da Statista ad ottobre 2020 il numero di utenti attivi di Facebook, Youtube, Instagram e Twitter sono rispettivamente 2700M (milioni), 2000M, 1158M e 353M. In aggiunta, secondo le statistiche presenti nel Digital 2020 report pubblicato da We are social e Hootsuite, in media gli utenti di internet dai 16 ai 64 anni, spendono in media al giorno 2h e 30min sui social media, 3h e 29min per guardare contenuti in streaming e 1h e 34min per ascoltare musica mediante servizi di streaming.

Dopo questa digressione su come tali piattaforme stanno accentrando il mercato dei digital media e ottenuta una maggiore consapevolezza di quanto si sia esteso il concetto di contenuto digitale, risulta utile provare a definire delle dimensioni con cui poter classificare e distinguere i digital content al fine di comprendere meglio i prodotti del mercato di riferimento e i settori industriali coinvolti. Sicuramente una prima dimensione di classificazione è il formato del contenuto digitale. Rispetto a questa dimensione è possibile identificare quattro macro categorie:

  • Videos: in questa categoria rientrano contenuti in formato video digitale che possono essere film, serie tv, video musicali, etc., includendo anche i nuovi formati in 3D o in VR (Virtual Reality);
  • Images: categoria al cui interno troviamo contenuti digitali come foto, immagini digitali, immagini 3D e nuovi formati come le GIF;
  • Audio: tale categoria include tutti i contenuti in formato solo audio, quindi in assenza di Alcuni esempi sono i brani musicali, i podcasts o i programmi radio;
  • Text: categoria che include tutti quei contenuti testuali disponibili solo in formato “scritto”. Come esempi vi sono le pagine web, articoli di giornale, news o ancora gli eBooks.

Già da questa prima dimensione di analisi si può notare che il mercato dei digital content interferisce con tutti i segmenti di mercato dell’industria dei media e dell’intrattenimento, spaziando da quella televisiva a quella musicale fino ad arrivare ai social media ed ai tradizionali media di informazione.

Un’altra dimensione per classificare i digital media è quella dell’accessbilità, ovvero in che modo è possibile accedere ad un contenuto. Distinguiamo quindi i contenuti digitali in:

  • Paid digital content: contenuti digitali che per usufruirne è necessario pagare un determinato importo oppure sottoscrivere un abbonamento (Netflix, Prime video, Youtube premium).
  • Non-purchasable digital content: contenuti digitali il cui accesso è libero e gratuito.

Infine viene proposta un’ultima dimensione di classificazione che è legata alla creazione del contenuto in particolare all’autore di esso. Tale differenziazione è stata già descritta prima quando si è parlato di user-genereted content e semplicemente va a definire due classi di contenuti quali:

  • Industry content: tutti quei contenuti digitali per la cui creazione sono coinvolte imprese ed organizzazioni del settore media & enterteinment (Serie TV, Film, brani musicali).
  • User genereted content: contenuti generati da utenti singoli o al più gruppi non organizzati in impresa e che solitamente vengono condivisi in piattaforme di Social media come YouTube, Facebook, Twitch.

Quest’ultima classificazione risulta necessaria in quanto nella definizione di Digital Media Value Chain, di seguito enunciata, l’attenzione viene posta sopratutto per i contenuti generati dall’industria media in generale, includendo fasi ed operazioni che tipicamente non vengono effettaute durante la generazione di un user-content.

 Digital Media Value Chain

Compresi gli aspetti fondamentali di un contenuto digitale e quelli che sono i suoi campi di applicazione, in questa sezione viene invece posta l’attenzione sulla catena del valore del settore industriale Digital Media. Una value chain di settore estende il concetto di catena del valore di un’azienda ideato da Michael Porter. La Porter’s value chain cerca di descrivere la struttura di un’organizzazione come un insieme limitato di processi, rappresentati da blocchi, con lo scopo di mostrare come e dove l’azienda crea maggior valore nella propria attività. Nel caso di una Industry value chain il concetto resta lo stesso ma è applicato ai principali processi che coinvologono tutto il settore e cerca quindi di descrivere come l’intero settore crea valore. La catena del valore sarà quindi composta dalle principali fasi di creazione del valore per l’industria media.

 Digital Media Value Chain

Content productioN

La prima fase della catena del valore è chiaramente rappresentata da tutti quei processi necessari per poter creare e produrre il contenuto media. In questo primo step l’attore principale coinvolto è l’autore dell’opera che a seconda di quale sia potrà essere un’artista, un musicista o ancora uno scrittore quindi in generale quello che da qui in avanti chiameremo “content creator ” (creatore di contenuti). Già in questo stage della catena del valore è importante ricorrere all’ultima dimensione di classificazione distinguendo i conteunti user-genereted da quelli delle organizzazioni. Infatti, mentre per iniziative amatoriali questo processo potrebbe semplicemente consistere nel premere il bottone “registra” di un dispositivo mobile e condividere il video realizzato in un social media, nei contesti di business questa fase è molto più complessa e coinvolge un numero elevato di persone, diverse aree geografiche e altre fasi interne della creazione del valore come la concezione del contenuto, la pianificazione, la registrazione, l’editing o ancora la scelta dei contenuti di marketing da inserire all’interno (e.g. marchi o brand utilizzati all’interno di film per fini pubblicitari). Un processo molto importante in questa fase della catena del valore riguarda i diritti di proprietà del creatore di contenuti. L’autore tipicamente detiene tutti i diritti di proprietà del contenuto e controlla le condizioni sotto le quali questo dovrà essere distribuito e consumato. In questo step vi è già quindi una contrattazione tra gli autori e coloro i quali si occuperanno della distribuzione anche qui però le attività dipenderanno dal tipo di contenuto perchè nel caso di quelli “amatoriali” questa contrattazione non avviene poichè vengono semplicemente condivisi in una piattaforma di condivisione, diverso è per i contenuti delle organizzazioni che a seconda del settore industriale definiscono le condizioni per il copyright e le percentuali di ricavi che spettano ai creatori (e.g. royalites per i brani musicali).

Media preparation

Il contenuto è tipicamente realizzato in un formato ad alta qualità con un volume di informazioni molto elevato. A causa delle sue dimensioni o dell’incompatibilità con i dispositivi target usati dagli utenti questi formati non sono appropriati per la distribuzione di massa. Per tale motivo il contenuto deve essere trasformato in un formato adatto eseguendo tipicamente i processi di transcoding, packaging e protection. I primi due sono attività di codifica e formattazione del contenuto in modo da trasformare il formato di questo in uno che sia ottimale in base al canale di distribuzione (e.g. MPEG-2TS per distribuzione via satellite oppure MPEG-DASH o HLS per distribuzione Over the Top). Il processo di protezione è invece fondamentale per far sì che il contenuto sia protetto da possibili usi illeciti prima che questo venga distribuito. Anche qui a seconda della tipologia di distribuzione le tecnologie sono diverse. In particolare per quella via satellite si utilizzano tecnologie di Conditional Access (accesso condizionato) e Smart cards per implementare meccanismi di controllo crittografati. Per la distribuzione web-based definita tecnicamente con l’acronimo OTT che sta per Over the Top, ovvero una distribuzione che sia al di sopra dei canali tradizionali (e.g. cavo, satellite) in quanto utilizza internet e tecnologie come i CDN (Content Delivery Network). In parallelo all’attività di protezione è fondamentale anche l’utilizzo di sistemi per il Content management per preparare, organizzare e gestire i contenuti con i propri metadati al fine di facilitare agli utenti finali la scoperta dei contenuti che sono pronti per la distribuzione.

Content distribution

Una volta che i contenuti sono stati preparati per la distribuzione ed è stato implementato o scelto il sistema di content management la fase successiva è proprio quella della distribuzione che, dal punto di vista tecnologico, significa scegliere in che modo e con quale tecnologia i contenuti devono raggiungere gli utenti finali. I digital media in quanto tale hanno la caratteristica di essere utilizzati simultaneamente da migliaia o spesso milioni di utenti, quindi le soluioni da scegliere per la distribuzione di questi contenuti devono essere scalabili ed efficienti dal punto di vista dei costi. Concentrando l’attenzione sui contenuti digitali distribuiti via internet la soluzione che viene più utilizzata in quanto più affidabile è quella del Content Distribution Network. Una rete CDN prevede l’utilizzo di diversi nodi server che sono distribuiti geograficamente e permettono di dimunuire la latenza, ossia il ritardo tra l’inoltro di una richiesta su una pagina web e il completamento del caricamento della pagina sul dispositivo in uso, che si ottiene riducendo la distanza fisica che deve compiere la richiesta.

Monetization

Definito il formato, la qualità del contenuto e il modo con cui questo verrà distribuito si procede con la scelta di come monetizzare il contenuto. In questa fase un fattore influenzante è rappresentato dagli accordi stabiliti tra distributore e creatore del contenuto in merito ai diritti di utilizzo che la piattaforma di distribuzione acquisice. I diritti di utilizzo vengono quindi concessi dal creatore al content distributor in cambio di un compenso che dipenderà da diversi fattori come l’area geografica di utilizzo, il tipo di utilizzo (e.g. video on demand, live, consumo offline), qualità del contenuto, numero di visualizzatori e altri che, molto spesso, dipendono dal segmento di settore in cui si opera. A seconda di questi accordi, si stabiliscono le modalità con cui ottenere i ricavi dall’utente finale. Anche in questo caso le scelte dipendono molto dal contesto in cui si opera. Per i social media, ad esempio, la monetizzazione avviene quasi totalmente con la pubblicità, anche se oggi le piattaforme di maggior successo sempre di più aggiungono funzionalità per monetizzare come i contenuti a pagamento o premium. Per le piattaforme di streaming musicale o televisivo la monetizzazione è principalemente ottenuta con la sottoscrizione ad abbonamenti con in aggiunta anche la possibilità di effettuare pagamenti unici per l’accesso a contenuti. Similmente operano anche le piattaforme di informazione online prevedendo o un abbonamento oppure il pagamento esclusivo.

Content consuption

L’ultima fase della catena del valore include tutti i processi e le attività necessarie per realizzare un servizio che dia agli utenti finali la possibilità di “consumare” il contenuto. Tralasciando gli aspetti relativi alla realizzazione di un’applicazione con un interfaccia utente user-friendly che permetta di gestire il proprio profilo, un aspetto rilevante in questa fase è rappresentato dai Content visualization rights ovvero i diritti di utilizzo che acquiscono gli utenti. La gestione di questi diritti consiste nel verificare i permessi e le autorizzazioni che ciascun utente detiene per poter accedere ai contenuti distributi da una particolare piattaforma. I sistemi per la gestione di questi permessi, oltre a verificare che un utente abbia sottoscritto un abbonamento o abbia pagato per un dato contenuto, devono anche gestire l’accessibilità di un contenuto a seconda del paese in cui viene richiesto l’accesso o a seconda della qualità del contenuto, questo perchè, come visto in precedenza, i contratti relativi ai diritti di utilizzo possono delimitarne la diffusione per area geografica o per formato di qualità. Un’altra attività fondamentale è quella di Usage analytics la quale consiste nel raccogliere dati sull’utilizzo dei contenuti da parte degli utenti. Lo scopo principale di questa attività è quella di accumulare tutti questi dati per permettere ai manager che definiscono le strategie di business di comprendere meglio come, dove e quando gli untenti “consumano un certo contenuto” e quali sono i contenuti addizionali che riscontrano maggior successo per i quali gli utenti sono disposti a pagare. Come ultimo processo appartenente a questo ultimo blocco della catena del valore ci sono i processi inclusi nel termine operations. Sostanzialmente si tratta di attività che vengono svolte per garantire performance alte al servizio offerto agli utenti, quindi si monitorano indicatori come scalabilità, sicurezza dati, velocità di trasmissione e qualità del contenuto.

Terminata la descrizione della catena del valore per il settore Digital media è possibile notare come questa sia influenzata dalla presenza di numerosi intermediari che gestiscono diverse fasi della creazione del valore che vanno dalla preparazione del contenuto alla monetizzazione di questo prima che venga “consumato” dagli utenti finali.

Analizzando le diverse fasi della value chain è interessante notare come esistano differenti diritti sui contenuti a seconda dei titolari di questi. Primi tra tutti ci sono i diritti di proprietà che sono posseduti dal creatore del contenuto, ovvero da colui che lo ha concepito. Successivamente troviamo i diritti di utilizzo che invece vengono detenuti dalle piattaforme di distribuzione e che vengono concessi dal creatore di contenuti in cambio di un compenso. Infine ci sono i diritti di “consumo” di un contenuto che vengono ottenuti dagli utenti finali a seguito di un pagamento, se previsto, e definiscono le condizioni con cui un contenuto può essere “consumato”.

Infine, bisogna notare che una questione fondamentale nel mercato dei digital content riguarda proprio la gestione e la contrattazione dei diritti sui contenuti, cercando di evitare un loro uso illecito e di proteggere la proprietà intellettuale che spetta sempre al creatore.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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