Definizione ed elementi principali di un biosensore

Definizione ed elementi principali di un biosensore

Che cos’è un biosensore?

Un biosensore può essere definito come un dispositivo comprendente un elemento biologico sensibile connesso ad un trasduttore. Il trasduttore converte un cambiamento osservabile, chimico o fisico, in un segnale misurabile, solitamente un segnale elettrico la cui intensità è proporzionale alla concentrazione di uno specifico elemento chimico o di un insieme di elementi. In questo modo vengono combinati la specificità e la selettività dei sistemi biologici con la misura precisa e quantitativa dei microprocessori.

Definizione ed elementi principali di un biosensore
Definizione ed elementi principali di un biosensore

Da cosa è composto un biosensore?

Ogni biosensore è caratterizzato da particolari elementi in grado di ottimizzare il dispositivo in base alla specifica molecola bersaglio da rilevare. Possiamo distinguere il substrato, il componente biologico, i metodi di immobilizzazione e il trasduttore.

Il substrato

Il substrato è una parte del biosensore in grado di reagire con il componente biologico attraverso reazioni chimiche o fisiche che possono avvenire solo in presenza dello specifico target biologico da rilevare. Tipicamente il campione liquido da analizzare viene messo in contatto con il substrato, in modo da permettere la reazione di rilevazione. Le sostanze che possono fungere da substrato non sono necessariamente di tipo biologico e sono numerosissime.

Il componente biologico

Il componente biologico è di fondamentale importanza in quanto costituisce l’elemento che conferisce maggior selettività al sensore. Esso infatti interagisce con un solo e specifico elemento del substrato per mezzo di una reazione o rimanendovi attaccato. I quattro maggiori gruppi di elementi utili a questo scopo sono gli enzimi, gli anticorpi, gli acidi nucleici e i recettori. Gli acidi nucleici sono altamente selettivi grazie ai legami esclusivi tra le coppie di basi. Il processo di immobilizzazione sulla superficie attiva dell’elettrodo di lavoro del componente biologico prende il nome di funzionalizzazione.
I metodi di immobilizzazione permettono di connettere il componente biologico con il trasduttore; i più importanti sono i seguenti:
1. il più semplice, ma anche il più soggetto a disturbi o imprecisioni, è l’adsorbimento ad una superficie. L’adsorbimento di tipo fisico si basa sulla combinazione di interazioni di Van der Waals, ponti a idrogeno, forze ioniche per attaccare il biomateriale alla superficie del sensore, mentre quello chimico sfrutta legami covalenti;
2. uno dei primi metodi è stato il microincapsulamento, ovvero l’intrappolamento tra due membrane, permettendo uno stretto contatto tra il biomateriale e il trasduttore. Esso è stabile ai cambiamenti di temperatura, pH, forza ionica e composizione chimica;
3. l’intrappolamento consiste nel racchiudere il componente biologico, mescolato con una soluzione, in un gel polimerico. Purtroppo, questo può causare delle barriere alla diffusione del substrato, rallentando così la reazione;
4. la stabilizzazione causata dai legami covalenti tra il biomateriale e il trasduttore, consolidando buoni contatti elettrici per il trasferimento della carica. Questo metodo permette di aumentare notevolmente la durata dell’immobilizzazione;
5. il cross-linking agisce grazie ad un elemento bifunzionale in grado di legare sia con il componente biologico che con il supporto (la membrana o il trasduttore). Tuttavia i reagenti bifunzionali possono limitare le diffusioni o danneggiare il biomateriale.

Il trasduttore

Il trasduttore, come spiegato precedentemente, ha il compito di determinare se la reazione è avvenuta o meno e, in tal caso, di tradurre ciò in un segnale misurabile. In base al meccanismo utilizzato si possono distinguere e raggruppare diversi tipi di trasduttori.
Trasduttori elettrochimici. Si suddividono a loro volta in:
a. potenziometrici: coinvolgono la misura del potenziale della cella a corrente nulla. Il potenziale sarà proporzionale al logaritmo della concentrazione della sostanza da determinare;
b. voltammetrici (amperometrici): viene applicato un aumento (diminuzione) di potenziale alla cella elettrochimica, fino a che non si osserva una ossidazione (riduzione) della sostanza da analizzare. Questo provoca un picco nella corrente della cella elettrochimica, la cui altezza sarà proporzionale alla concentrazione del materiale elettroattivo;
c. di conduzione: la conduttività e la concentrazione di una sostanza contenente ioni vengono misurate in relazione al tipo di reazione che avviene.
Trasduttori ottici. Si sono sviluppati maggiormente in seguito all’introduzione delle fibre ottiche. Le principali tecniche usate sono la spettroscopia di assorbimento, di fluorescenza, di luminescenza, di riflessione interna e l’SPR (surface plasmon resonance).
Dispositivi piezoelettrici. Essi si basano sulla generazione di una corrente elettrica in seguito alle vibrazioni di un cristallo. La frequenza di vibrazione dipende dalla massa di materiale assorbito dalla superficie, la quale è in relazione a una reazione biochimica.
Trasduttori termici. L’idea che li supporta consiste nella misura del calore che viene prodotto o assorbito dalla reazione chimica o biochimica attraverso opportuni sensori.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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