KPI: Significato, Definizione, Classificazione ed Esempi in azienda

KPI: Significato, Definizione, Classificazione ed Esempi in azienda

Key Performance Indicator (KPI)

I Key Performance Indicators (KPI) sono una serie di indicatori qualitativi/quantitativi che misurano i risultati aziendali conseguiti, con riferimento ad aspetti fondamentali come il conseguimento di una determinata quota di mercato, il raggiungimento di un certo standard qualitativo, le prestazioni di efficienza, il livello di servizio, il grado di fedeltà della clientela nel riacquisto. In un ambiente competitivo com’è quello attuale, il sistema di misurazione delle performance deve comprendere una gamma molto ampia di prestazioni dei processi di business: per questo motivo i KPI sono focalizzati principalmente sui processi. Nell’ottica KPI, il processo gestionale è un insieme di attività che produce un output in risposta a richieste di servizio, utilizzando una serie di risorse. Gli indicatori KPI sono finalizzati a misurare l’intera gamma di prestazioni di un processo, che nel loro insieme devono quantificare il valore dell’output del processo per il cliente.

KPI: Significato, Definizione, Classificazione ed Esempi in azienda

Gli indicatori chiave di prestazioni (KPI) sono misure di prestazione dei processi gestionali. In particolare esse rappresentano spesso le misurazioni dei fattori critici di successo fornendo importanti informazioni su come l’azienda si sta comportando in relazione agli obiettivi di ciascuna unità organizzativa.
Un processo gestionale è un insieme organizzato di attività e di decisioni, finalizzato alla creazione di un output effettivamente richiesto da un cliente e al quale quest’ultimo attribuisce un valore ben definito. I processi gestionali posso essere classificati in:

  1. processi strategici attraverso cui l’azienda pianifica e sviluppa il futuro;
  2. processi esecutivi che rappresentano l’attività quotidiana dell’azienda;
  3. processi primari le cui prestazioni influenzano il livello di soddisfazione della clientela;
  4. processi di supporto necessari alla gestione dei processi primari.

I KPI possono essere grandezze di vario tipo: indicatori di bilancio (ad esempio indipendenza finanziaria, auto-copertura capitale fisso, giorni di incasso e dilazione), grandezze operative legate alla produzione e all’erogazione dei servizi (ad esempio scarti a fine linea, percentuale di rilavorazioni, la durata media delle chiamate di assistenza) o indicatori gestionali (ad esempio livello di assenteismo, grado di attrito tra il personale).

I KPI sono usati per valutare lo stato attuale dell’azienda e capire se l’azienda procede correttamente verso il raggiungimento dei propri obiettivi. Individuare indicatori chiave di prestazioni significa trasformare i dati in indicatori settoriali che mostrano lo stato di salute di un’impresa.

Affinché una organizzazione possa identificare i propri KPI essa deve avere:

  1. un processo gestionale predefinito;
  2. chiari obiettivi e chiari livelli di prestazioni da raggiungere; misurazioni quantitative e qualitative dei risultati;
  3. capacità di analizzare gli scostamenti e modificare i processi per raggiungere obiettivi di breve termine.

I KPI individuati devono possedere i seguenti requisiti:

  1. Specificità,
  2. Misurabilità,
  3. Raggiungibilità,
  4. Realisticità,
  5. Tempestività.

Gli indicatori che più sono identificabili come possibili KPI sono quelli che appartengono alle seguenti categorie:

  • Indicatori quantitativi che possono essere espressi con valori numerici;
  • Indicatori pratici che si interfacciano con i processi aziendali esistenti;
  • Indicatori direzionali che evidenziano l’andamento positivo o negativo di una organizzazione;
  • Indicatori attuabili che, influenzando sufficientemente il controllo di una organizzazione, permettono di effettuare dei cambiamenti.

Non tutti gli indicatori sono adatti ad essere elaborati da un sistema informativo. Di conseguenza risulta utile verificarne la robustezza attraverso una analisi di proprietà degli indicatori che riguarda la facilità di comprensione, il costo dell’informazione associata ad un certo indicatore, la significatività, la periodicità con cui l’indicatore viene campionato e la valutazione della determinatezza delle informazioni. A ciascuno di questi criteri si assegna un punteggio da 1 a 5 e il valore 3 rappresenta la sufficienza. La robustezza, intesa come giudizio complessivo sull’indicatore scelto, è calcolata come media aritmetica degli attributi elencati. Gli indicatori ritenuti non robusti devono essere scartati o opportunamente modificati e quelli ritenuti robusti formano invece il risultato finale e vengono utilizzati per la realizzazione del cruscotto direzionale impiegato per controllare il contesto aziendale globale.

In generale, per la definizione degli indicatori chiave di prestazioni si seguono i seguenti passi:

  1. La selezione dei processi, durante la quale vengono selezionati i processi prioritari da monitorare attraverso indicatori fisici;
  2. L’identificazione dei KPI dei processi selezionati e relativa suddivisione in KPI di efficienza, di qualità e di servizio;
  3. La profilatura degli indicatori attraverso la quale si evidenziano il tipo dei KPI, il calcolo e la fonte;
  4. L’incrocio dei KPI con i CFS che permette di correlare le due grandezze;
  5. L’analisi dimensionale che evidenzia quali sono le dimensioni di analisi (ad esempio
  6. Responsabilità, Attività, Prodotto/Servizio, Cliente) e come si applicano ai KPI;
  7. La rifinitura che consiste nel completamento dell’analisi e nella realizzazione della documentazione.

Attraverso i KPI si intende controllare i processi in quanto determinanti di competitività, ottenendo una visione globale delle prestazioni in termini di efficienza ed efficacia al fine di progettare o integrare cruscotti di monitoraggio.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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