Lean Production: Principali strumenti della produzione snella utilizzati in azienda

Lean Production: Principali strumenti della produzione snella utilizzati in azienda

La Lean Philosophy è una delle iniziative che le principali organizzazioni in tutto il mondo hanno iniziato ad adottare al fine di “snellire” i processi produttivi e raggiungere l’ottimizzazione nelle risorse. Per applicare la filosofia Lean in azienda si fa uso di determinati strumenti e tecniche. Gli strumenti principali della lean production sono sicuramente i seguenti:

  1. Kaizen
  2. Kanban
  3. Spaghetti Chart
  4. Value Stream Map (VSM)
  5. 5 WHYS
  6. Tecnica delle 5S

Di seguito vengono descritti in modo più appronditi, specificando le caratteristiche, i vantaggi e l’utilizzo di ognuno.

Lean Production: Principali strumenti della produzione snella utilizzati in azienda

Kaizen

Come tutti i concetti su cui è fondata la filosofia Lean, anche il termine Kaizen ha origini in Giappone. È l’unione di due parole, Kai+Zen, che letteralmente significano “cambiamento” e “meglio”, dunque il loro congiungimento indica il cambiamento verso uno scenario migliorato rispetto alla situazione attuale. Precisamente si intende un miglioramento continuo, differente dall’accezione di miglioramento che finora si era abituati vedere in azienda. Infatti, tendenzialmente si crede che quando si attuano dei cambiamenti, introducendo l’innovazione, essi debbano essere radicali, una sorta di rivoluzione che trasforma completamente quanto si è eseguito fino al suo momento, in un qualcosa totalmente nuovo. Il Kaizen invece è l’esatto opposto dell’innovazione, è un cambiamento lento, che a piccoli passi porta a cambiare ed a migliorare gli aspetti che non funzionano nell’intero processo produttivo, o intera catena logistica, a seconda dell’ambito di riferimento, con il fine di conseguire la perfezione, come suggerito dai principi fondanti il pensiero. È la base del modello Toyota, inventato da Taiichi Ōhno ed è a questo scopo che mirano tutti i suoi insegnamenti per la buona organizzazione aziendale, a partire dall’eliminazione degli sprechi, fino alla gestione ottimale delle risorse a disposizione. Il Kaizen ha uno stretto legame con un’altra metodologia messa a punto in Giappone negli anni Cinquanta, ovvero il Ciclo di Deming, noto anche come PDCA (Plan, Do, Check, Act). Queste quattro azioni, che possono essere riconosciute come i quattro pilastri sui quali poggia il Kaizen, sono:

  • Plan: pianificare un processo o un’azione e renderla standardizzata
  • Do: eseguire il programma
  • Check: verificare ogni fase del programma, individuandone punti deboli e criticità
  • Act: intervenire per migliorare tutti gli aspetti del processo che ne mostrano necessità

Il ciclo appena descritto, ovvero il Ciclo di Deming, deve essere applicato in maniera continuativa, in modo da poter apportare continuamente miglioramento ai processi poiché, si ricorda, che il raggiungimento della perfezione è da ritenersi un asintoto al quale si aspira ma non si ottiene.
Il Kaizen si fonda su cinque regole utilizzate per migliorare le performance dell’azienda e la
sua competitività:

  1. Non affidarsi a soluzioni copia e incolla: l’errore più comune degli imprenditori è quello di aspettarsi l’esistenza di una metodologia di cambiamento drastico, in grado di rivoluzionare nel breve termine la propria azienda, con risultati immediati. Invece è importante capire che “applicare il kaizen significa cambiare il sistema operativo delle aziende tradizionali. È un percorso a lungo termine”.
  2. Partire dal top management: un altro errore comune sta nel fatto che l’approccio è spesso avviato dal middle management aziendale. Imprenditori, amministratori delegati, direttori generali devono non solo partecipare, ma essere loro stessi a pilotare l’azienda verso un percorso di riorganizzazione orientata al miglioramento continuo.
  3. Dare responsabilità alla base: è fondamentale il coinvolgimento dei lavoratori a tutti i livelli aziendali, poiché sono spesso quelli considerati livelli inferiori (definiti così erroneamente) che propongono le migliori soluzioni, trovandosi loro direttamente a contatto con i problemi da affrontare.
  4. Far leva sulla flessibilità e sulle dimensioni tipiche delle piccole e medie imprese: fare Kaizen non significa trasferire modelli provenienti dalle grandi imprese e adattarli alle piccole e medie imprese. Bisogna saper riconoscere i punti di forza che caratterizzano un’impresa media o piccola e trasformarli in una leva per la crescita.
  5. Meno ristrutturazione finanziaria, più riorganizzazione operativa: occorre porre al centro dell’azienda ciò che riesce a fare meglio, incentrando il suo operato soprattutto sul proprio know-how interno. “In questo periodo molto difficile l’introduzione del Kaizen è anche più importante perché porta ad un notevole miglioramento, sia dal punto di vista operativo che economico, senza aver bisogno di grandi investimenti. Ogni volta che la situazione diventa critica, la maggior parte delle aziende sceglie una ristrutturazione finanziaria, mentre la riorganizzazione operativa è molto più importante”.

Kanban

Il nome “kanban” identifica il sistema che rende visibile l’attività compiuta in un centro di lavoro. È un termine di derivazione giapponese e il suo significato è correlato alla modalità di funzionamento della tecnica stessa. È infatti tradotto in italiano come “cartellino”. È lo strumento con cui la stazione a valle comunica i suoi fabbisogni alla stazione a monte. Tale metodologia nasce in ambito Toyota, nel Toyota Production System. Con il termine Kanban si identifica più generalmente un sistema di gestione dei materiali in un processo produttivo nel quale viene comunicato attraverso dei cartellini il fabbisogno di una determinata fase produttiva alla sua precedente (pull systems). Il sistema prevede una standardizzazione dei contenitori con definizione del numero di pezzi per contenitore ed un avanzamento alla fase successiva di un numero di contenitori pieni, esattamente pari al numero di contenitori vuoti consumati. Attraverso l’utilizzo di un sistema Kanban si riduce la sovrapproduzione, che è definito il primo dei 7 sprechi per la Lean Production, producendo soltanto ciò che viene effettivamente richiesto dal processo a valle e nella quantità richiesta, con conseguente riduzione o annullamento delle scorte a magazzino. Ogni Kanban, quindi ogni cartellino, contiene al suo interno un determinato numero di informazioni utili a capire come gestire il prodotto inserito nel contenitore su cui apposto, quali fornitore, cliente, ubicazione e quantità di riordino.
Il Kanban è un sistema di gestione e controllo molto semplice. La quantità da produrre non deriva dall’output di un programma produttivo, come ad esempio MRP, ma è da considerarsi un reintegro del materiale consumato a valle nella catena logistica. Si produce esclusivamente quando è necessario, riducendo in tale maniera il livello di scorte. Per ciascun codice, ovvero ciascun articolo da produrre, è definito un livello di riordino, che corrisponde alla capacità del contenitore, raggiunto il quale viene inviato un ordine di rifornimento, ovvero ogni qualvolta che il contenitore risulta vuoto, nella stazione a monte scatta un ordine di produzione. L’utilizzo dei cartellini è consigliato su tutta la lunghezza della catena logistica, quindi sia a valle nei confronti del cliente sia a monte con i propri fornitori.

Spaghetti Chart

Il Diagramma a Spaghetti è la rappresentazione grafica di un determinato flusso. È una tecnica di rappresentazione grafica, quindi visiva, semplice e intuitiva. Normalmente utilizzato in ambienti produttivi, serve per mappare i percorsi di un operatore, e non solo, e per misurarne gli spostamenti e la percorrenza. Può assumere natura differente a seconda di quale sia l’oggetto di interesse dell’analisi. A seconda dell’ambito studiato di possono mappare i flussi e i percorsi di un prodotto, dalla materia prima al prodotto finito, all’interno di uno stabilimento durante la sua creazione, il personale di un edificio, che può essere un magazzino oppure interno ad un ufficio. E ancora, possono essere tracciati i percorsi eseguiti da documenti, pazienti in ambito ospedaliero, etc. Insomma, sono molteplici le applicazioni pratiche che uno Spaghetti Chart può avere.
Il nome di tale diagramma deriva dalla sua natura grafica. Osservando infatti la raffigurazione dei flussi rappresentati essi appaiono come un insieme di spaghetti aggrovigliati. Essi presentano questa forma poiché sono la raffigurazione di quanto percorso dall’oggetto di interesse, ovvero i suoi movimenti fra più parti e aree analizzate. Obiettivo di chi analizza il grafico è proprio rendere tali flussi più snelli e meno intricati, con il fine ultimo sempre di eliminare gli sprechi, come tipico della Lean Production. Solitamente infatti, per quanto riguarda processi mai studiati e osservati, i tragitti che le risorse percorrono ogni giorno sono lunghi e senza un criterio guida, se non quello di procurarsi quanto serve loro.

Value Stream Map (VSM): AS IS & TO BE

Altro strumento molto valido per l’analisi dei processi, utilizzato per l’identificazione degli sprechi in un flusso, come ad esempio in una catena logistica, è la Value Stream Map (VSM). Tradotto in italiano come “mappa del flusso del valore” è uno strumento adatto alla ricerca di gap ed intoppi che non permettono lo scorrere snello dei flussi. La VSM è una rappresentazione grafica di quanto segue il prodotto creato da un’azienda, a partire dal fornitore di materia prima fino a giungere nelle mani del cliente che lo ha acquistato. Attraverso una rappresentazione grafica risulta più semplice individuare quelle aree in cui si accumulano ritardi e in cui sono insite criticità, riuscendo ad agire direttamente sulle cause. La stesura della mappa del valore si suddivide in due parti, una riguardante la situazione attuale, la Current State Map, ed una successiva, Future State Map, in cui vengono rappresentate le attività modificate secondo le proposte migliorative ipotizzate.

5 WHYS – tecnica dei 5 perché?

È una tecnica sviluppata in Giappone negli anni 1930 da Sakichi Toyoda, uno dei fondatori della rivoluzione industriale giapponese. Tale metodo vide la sua diffusione negli anni ’70 ed ancora oggi è la tecnica utilizzata da Toyota per l’individuazione delle cause scatenanti di criticità nei processi15.
Spesso, quando in azienda si presentano delle criticità, non ci si preoccupa della fonte che le possa originare e, trascurandole, possono ripresentarsi o portare a problemi ulteriori. La tecnica dei “5 perché” è utilizzata proprio per riscontrare le cause da cui derivano le criticità rilevate. È una tecnica usata per l’analisi delle cause alla radice (Root cause analysis), la quale si pone come obiettivo non solo valutare cosa e quando si è verificato un certo evento, ma anche perché esso si è verificato e quindi quali siano i motivi della sua presenza.

Solo quando si è in grado di determinare il motivo per cui un evento si è verificato si potrà essere in grado di individuare le misure correttive attuabili che impediscono lo scaturirsi di eventi futuri del tipo osservato. Lo strumento più semplice, come già anticipato, per valutare quale sia la radice del problema è la tecnica dei “5 perché?”. È di semplice applicazione, ma al contempo, è un potente metodo per individuare e comprendere le aree di miglioramento.

La tecnica dei “5 Perché?” è utilizzata nella fase Analyze del ciclo DMAIC (Definire, Misurare, Analizzare, Migliorare, Controllare). Questa tecnica non richiede la conoscenza e l’applicazione di complesse tecniche statistiche, ma solo impegno nell’approfondimento. Ci si domanda ripetutamente “Perché?”, non necessariamente per cinque volte, che infatti è un valore puramente simbolico, nulla impedisce di fermarsi prima, nel caso in cui la causa sia già stata individuata, o continuare se fino alla quinta iterazione non si è ancora ottenuto un risultato plausibile e soddisfacente. Attraverso questo metodo a ritroso è possibile individuare la causa principale di un problema, scavando a fondo nei sintomi del problema stesso. Molto spesso la prima ragione apparente porterà ad un’altra domanda, per diversi step fino all’ottenimento di una causa soddisfacente.

La tecnica dei “5 Perché?” presenta diversi vantaggi con la sua applicazione, in particolare:

  • Permette di identificare alla radice la causa di un problema.
  • Permette di determinare il rapporto tra le diverse cause che sono alla radice del problema.
  • È uno strumento semplice e facile da implementare, anche senza l’ausilio di analisi
    statistiche complesse.

Si può utilizzare in svariati momenti, soprattutto quando le situazioni di criticità coinvolgono fattori umani o le loro interazioni e quando si persegue la perfezione, come suggerito dal pensiero snello, quindi giorno per giorno, per individuare azioni di miglioramento e poter applicare il miglioramento continuo alle proprie attività.

Tecnica delle 5S

Le 5S, tradotte dal giapponese all’inglese come sort, set in order, shine, standardize, sustain, costituiscono uno dei fondamenti del Toyota Production System, oltre ad essere elementi imprescindibili, e spesso trascurati, di qualunque iniziativa di miglioramento continuo. La metodologia impostata sullo schema delle 5S racchiude in cinque semplici passaggi un procedimento sistematico e ripetibile, paradigma essenziale e irrinunciabile della Visual Factory. La “gestione a vista”, che caratterizza il Toyota Production System, è una rivoluzione verso la semplificazione dei processi di coordinamento, tramite segnali che sostituiscono i tradizionali processi gerarchici.
La metodologia delle “5 S”, che è stata sviluppata in Giappone ed è applicata da molti anni nelle aziende giapponesi, ha una sempre maggiore diffusione nelle aziende italiane, sia nei reparti produttivi che negli uffici. I motivi del suo successo sono individuabili nella semplicità e nel legame diretto tra le attività delle “5 S” e il miglioramento delle prestazioni dell’azienda, in termini di qualità, costi, tempi.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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