Programmazione ad oggetti: Caratteristiche dei linguaggi ad oggetti

Programmazione ad oggetti: Caratteristiche dei linguaggi ad oggetti

Un programma costruito con un linguaggio di programmazione ad oggetti è sostanzialmente composto da un insieme di oggetti, ognuno dei quali ha un preciso compito; il sistema di relazione tra i vari oggetti è gestito da messaggi che i vari oggetti si scambiano comunicando tra loro; l’attivazione di tali messaggi è operata grazie ai metodi che sono l’espressione informatica di un funzionamento o di una funzione. Poiché ogni oggetto ha il suo funzionamento, può interpretare differentemente dagli altri ogni messaggio che riceve, il tutto sulla base della struttura propria di ogni oggetto.

Programmazione ad oggetti: Caratteristiche dei linguaggi ad oggetti

In un linguaggio di programmazione tutti gli oggetti della stessa tipologia appartengono a quella che viene denominata classe; la classe rappresenta un prototipo di oggetto che può essere generato più volte per creare tanti oggetti quanti si vuole. Gli oggetti facenti capo ad una stessa classe devono possedere le stesse caratteristiche di comportamento ed utilizzare le stesse funzioni; secondo questa logica, è possibile generare classi e sottoclassi che importino le funzioni ed i comportamenti della classe origine e poi si caratterizzino per ulteriori funzioni e comportamenti.

La programmazione ad oggetti ha quattro proprietà essenziali:

  1. astrazione: il programma che descrive un oggetto è scritto in una classe, poi nel programma principale, gli oggetti sono creati come esempi (instances) della classe.
  2. incapsulamento: gli oggetti nascondono i loro metodi e dati, separano l’interfaccia dell’implementazione. Il codice contenente le istruzioni dirette all’oggetto possono essere modificate senza dovere cambiare i programmi che usano l’oggetto. I valori delle variabili nell’oggetto sono propri dell’oggetto. Devono essere scritti per passare questa informazione all’esterno dell’oggetto.
  3. eredità: ogni classe di oggetti può essere derivata da altre classe già scritte. In questi casi, la classe “figlia” eredita tutte le variabili e i metodi della classe “madre”, li può modificare e può aggiungerne altri.
  4. polimorfismo: si possono avere metodi con lo stesso nome, ma che hanno parametri diversi (si chiama anche overloading). Si noti, però, che Swarm non permette il polimorfismo. I metodi creati devono dunque avere nomi unici.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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