Lo Smart Working è una innovazione incrementale o disruptive in azienda?

Lo Smart Working è una innovazione incrementale o disruptive in azienda?

Smart Working: innovazione incrementale o disruptive? 

Al giorno d’oggi è logico domandarsi se lo Smart Working (SW) sia un concetto del tutto nuovo o frutto di un’evoluzione costante.

Lo Smart Working è un concetto sicuramente complesso che ha bisogno di essere sezionato per analizzarlo in maniera più approfondita.

Per iniziare è fondamentale comprendere che lo Smart Working trova le proprie radici in sviluppi organizzativi sistemici e via via più complessi che vengono presentati in sequenza di flessibilità (dal meno flessibile al più flessibile) nel seguente elenco:

  1. Lavoro in ufficio: è la tipologia di lavoro che più si avvicina al modo di lavorare tradizionale nel quale tutti i dipendenti si trovano in sede;
  2. Lavoro in ufficio con un’opzione di lavoro da casa: i dipendenti hanno la possibilità di svolgere in alcuni giorni della settimana il lavoro da casa;
  3. Un team remoto, in un unico fuso orario: i vari membri del team lavorano in modalità remota;
  4. Un team remoto distribuito in tutto il mondo: i vari membri del team sono distribuiti su diversi fusi orari e in questo caso la collaborazione asincrona diventa fondamentale;
  5. Un team completamente distribuito con membri del team nomadi: è una squadra completamente remota in cui alcuni membri del team sono nomadi e viaggiano regolarmente.

Questa scala mostra, quindi, come lo Smart Working non sia un cambiamento radicale nel panorama lavorativo, ma presenti vari step che conducono poi ad una trasformazione irreversibile.

In altre parole, lo Smart Working è un concetto piuttosto ampio e complesso e non è possibile considerarlo come un semplice percorso formativo per abilitare le persone a lavorare da casa, ma è parte di un quadro più ampio che comprende la Business Innovation e la Organisational Transformation. La prima include tutte le azioni che un’azienda compie per innovare sé stessa e il proprio

ecosistema, come i rapporti con i collaboratori, con i competitor e così via; mentre il secondo concetto riguarda l’evoluzione, la progettazione e la gestione della stessa azienda. Lo Smart Working, quindi, può essere considerato il frutto di queste due esigenze di innovare e trasformare.

Lo Smart Working è il frutto di varie evoluzioni, in primis l’evoluzione tecnologica, seguita dall’evoluzione dei vari metodi di gestione del lavoro e infine l’evoluzione dei lavoratori.

Lo Smart Working è una innovazione incrementale o disruptive in azienda?

In questo panorama l’evoluzione tecnologica è la preponderante in quanto è proprio per merito suo se lo Smart Working è nato ed ha successo. Si è passati dai vecchi strumenti, come la macchina da scrivere, le lettere o i fax agli strumenti più avanzati come i laptop, i tablet, gli smartphone, il Cloud Computing o i vari accessi wireless.

Allo stesso modo si sono evoluti anche i vari metodi di gestione del carico di lavoro, le agende si sono evolute in applicazioni che poco prima di una riunione inviano una notifica, le riunioni in presenza sono diventate videoconferenze virtuali e i progetti vengono direttamente aggiornati su Google Docs. La tecnologia quindi ha reso più flessibili i vari ambienti di lavoro.

Infine, anche i lavoratori si stanno evolvendo: nel 2020, i Millennials hanno occupato circa il 35% della forza lavoro, pari ad un terzo dei lavoratori a livello globale. Sono nati e cresciuti con smartphone e tablet in mano, comunicano tramite call in video con servizi di live streaming e promuovono la sharing economy, ma soprattutto non sono amanti degli uffici e preferiscono a questi gli spazi di coworking. I Millennials non hanno conosciuto un mondo non connesso e per questo non concepiscono perché non sia possibile avere il diritto di lavorare in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo.

È importante però aprire una piccola parentesi perché lo “Smart Working emergenziale” è stato protagonista di una rivoluzione “istantanea” del mondo del lavoro. Il Covid, infatti, ha cambiato improvvisamente paradigmi lavorativi consolidati, soprattutto tra i manager e i lavoratori più anziani, perché l’unica possibilità per continuare a lavorare era agire da casa. In questo caso è possibile vedere lo Smart Working come una soluzione disruptive e travolgente soprattutto per quei lavoratori e aziende che non pensavano fosse possibile svolgere il proprio lavoro con tale modalità, in virtù del fatto che moltissime aziende/organizzazioni non si erano ancora significativamente avviate verso modelli di Smart Working. Un cambiamento radicale, quindi, che per molti versi è stato shoccante e destabilizzante, ma che poi piano piano ha regalato una consapevolezza sulla possibilità di accogliere lo Smart Working come qualcosa di positivo e vantaggioso. Certamente, d’ora in poi esisterà una maggior consapevolezza delle caratteristiche dello Smart Working offrendo al dipendente la possibilità di scegliere con maggior consapevolezza se cogliere o meno tale opportunità.

Si pone però un nuovo problema. Questa nuova modalità è certamente in contrasto con le logiche tradizionali di organizzazione del lavoro radicate nelle aziende italiane, dove si sta osservando una certa reticenza di una fascia consistente di dipendenti ad abbracciare tale cambiamento. Come è noto, le aziende per poter funzionare in maniera corretta sono guidate da abitudini organizzative che nel tempo sono andate via via sempre più consolidandosi, anche tra i loro dipendenti, i quali di fronte a nuovi trend e nuove opportunità di crescita sono i primi a porre resistenza. Infatti, un cambio di paradigma quale è lo Smart Working non è facile da metabolizzare all’interno delle organizzazioni e sempre più spesso l’intero progetto di Smart Working deve essere ricondotto in complessi percorsi di change management in cui tecnologie, spazi e persone si integrano in un unico flusso.

Lo Smart Working è una cultura che si è evoluta nel tempo ed è tuttora ancora in evoluzione, ma quanto resterà dopo l’emergenza? Ovviamente non è possibile saperlo subito, ma sarebbe un peccato che il mondo del lavoro regredisca con la stessa velocità con cui ha accolto il cambiamento stesso.

Pubblicato da Vito Lavecchia

Lavecchia Vito Ingegnere Informatico (Politecnico di Bari) Email: [email protected] Sito Web: https://vitolavecchia.altervista.org

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